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Nel corso di un recente dibattito elettorale trasmesso dall’emittente televisiva CNN, colui che è ritenuto il principale concorrente per le primarie del Partito Repubblicano, il magnate americano Donald Trump, ha affermato con forza l’esistenza di un nesso tra le vaccinazioni in età pediatrica e lo sviluppo del disturbo neuro-psichiatrico chiamato autismo, sconsigliando apertamente di vaccinare i propri figli facendo suo lo slogan “My child, my choice”.

Ancor più recente è la notizia che in Italia, nello scorso anno, si è assistito ad un calo delle vaccinazioni oltre la soglia di allerta; nello specifico, le vaccinazioni contro difterite, tetano, poliomelite, epatite B (queste prime quattro obbligatorie), pertosse ed infezioni invasive da haemophilus influenzae di tipo B, oggi somministrate all’interno di un unico vaccino detto “esavalente” nel primo anno di vita, sono scese al di sotto del 95%, mentre le vaccinazioni (raccomandate) contro morbillo, parotite e rosolia, somministrate come vaccino combinato trivalente all’inizio del secondo anno di vita, raggiungono una copertura dell’86% con un calo del 4% solamente nel 2014.

Queste due notizie, pericolosamente radicate nella diffidenza generalizzata nei confronti della Medicina (l’appellativo “ufficiale” è un orpello funzionale solo a chi ha interesse nel promuovere quelle “alternative”), ammantata di complottismo tout-court, divenuto ormai un modus vivendi di chi si illude di poter raggiungere l’onniscienza abboccando ad ogni sorta di link allarmistico, magari soltanto in virtù di una grafica accattivante o di un congruo numero di condivisioni sui social, sono figlie della stessa bufala che è sopravvissuta al suo stesso smascheramento.

Essa ha origine dallo studio, pubblicato nel 1998 dalla rinomata rivista scientifica Lancet, del medico britannico Andrew Wakefield, il quale sosteneva l’esistenza di una correlazione tra vaccino trivalente e comparsa di autismo e malattie intestinali. In seguito a tale clamorosa pubblicazione, molti Paesi hanno deciso, in via precauzionale, di eliminare il Thimerosal, composto a base di mercurio utilizzato come conservante per i vaccini, principale imputato nel processo alle vaccinazioni pediatriche. Nonostante la sua eliminazione, però, il numero di diagnosi di autismo ha continuato ad aumentare. C’è chi, come il Giappone, è stato ancora più prudente, abbandonando del tutto l’utilizzo del vaccino trivalente. Risultato: i casi di autismo sono cresciuti con lo stesso tasso degli altri Paesi che hanno mantenuto l’obbligatorietà della vaccinazione.

Negli anni successivi, nessuno scienziato è mai riuscito a replicare i risultati ottenuti da Wakefield; al contrario, molti studi hanno smentito la sua ipotesi. Tra i più recenti, ricordiamo una metanalisi (tecnica clinico-statistica quantitativa che permette di combinare i dati di più studi condotti sullo stesso argomento) del 2014, che è arrivata a raggiungere un campione di oltre un milione di bambini, smentendo nuovamente questa correlazione. È stata invece dimostrata un’ereditabilità del disturbo superiore al 90% nei gemelli, suggerendo un’origine genetica e, pertanto, prenatale. L’innegabile aumento statistico dei casi di autismo sarebbe dovuto ad un semplice affinamento delle diagnosi e lo smentito rapporto causa-effetto tra vaccinazioni pediatriche ed autismo è dovuto semplicemente ad un collegamento temporale, dato che la diagnosi di autismo avviene di norma tra i 3 e i 6 anni di età, quindi successivamente alle vaccinazioni incriminate.

Che fine ha fatto il dottor Wakefield? È stato radiato dall’Ordine dei medici, processato e condannato a seguito di indagini che hanno dimostrato la sua frode; infatti è emerso che i dati del suo studio, prontamente ritirato, furono intenzionalmente alterati dietro compenso da parte di un noto avvocato al fine di supportare una serie di cause giudiziarie intentate da quest’ultimo contro le case farmaceutiche produttrici dei vaccini. A ciò si aggiunse la notizia che Wakefield fosse pronto a brevettare un vaccino “sicuro” alternativo a quello in uso.

Nient’altro che una truffa da parte di un ciarlatano la cui onda lunga è arrivata fino ai giorni nostri, tanto da indurre anche più di un tribunale italiano a riconoscere il diritto alle famiglie con figli autistici a ricevere un risarcimento dallo Stato italiano e dalle aziende produttrici del farmaco. Queste sentenze, infatti, muovono da studi in vitro nei quali è stata dimostrata, a dosi peraltro diverse da quelle contenute nei vaccini, la neurotossicità di alcuni coadiuvanti presenti nella composizione del farmaco oppure da rapporti “riservati”, tenuti nascosti (si trovano tranquillamente sul web) da parte delle case farmaceutiche nei quali sono semplicemente raccolte tutte le segnalazioni di effetti avversi conseguenti solo temporalmente alla somministrazione del vaccino (per capirci, sono stati riportati anche casi di annegamento o di incidente stradale…). Bene, in riferimento alla più recente sentenza in merito ad opera del Tribunale di Milano, su oltre 70 milioni di somministrazioni del vaccino denominato Tripedia, contro difterite, tetano e pertosse, compiute in 10 anni in tutto il mondo, sono stati riportati solo 6 casi di autismo. Sebbene siano statisticamente insignificanti, secondo la Giustizia italiana sono sufficienti per una sentenza di condanna che prevarica letteratura scientifica e logica.

A pagarne le spese sono naturalmente i piccoli pazienti, la cui salute è messa a repentaglio dalla scellerata scelta di genitori malinformati e fomentati da una propaganda allarmistica ed infondata.

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