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Trentasei ore dopo i fatti di Parigi, o giù di lì, lungo le connessioni neuronali correnti sul web si è seraficamente passati dalle canoniche dichiarazioni europeiste e filofrancesi – “Je suis français” o “Je suis parisien” – a quelle più prosaiche, ma non meno eclatanti, del tipo “Io sto con…”, “Guardate che tramonto!” e “La visione di questo filmato ha scatenato reazioni clamorose. Vedilo anche tu e…”.
Non sono tempi ‘fabulosi’, questi? E, fatta la tara del desiderio, umanamente comprensibile, di ritornare a una qualche forma di “normalità”, non contengono forse le fotografie di un’Italia – 129 morti e 352 feriti dopo – che rivendica le sue radici e la sua identità? Ma quali? E soprattutto: a che ora è la fine del mondo?

(Tesjak: in hoc tempore)

«Apriamo le porte all’islam. Questo è il momento migliore, anzi è l’unica cosa intelligente e persino furba che possiamo fare.
Sono uscito dal teatro nel quale ho fatto uno spettacolo e in un bar, dove ho preso un caffè per arrivare sveglio a casa, ho appreso della strage in corso in Francia. Nel mio quotidiano si è infilata questa coltellata. Così è successo a me e penso che sia accaduto anche a tanti altri. Ma al telegiornale di notte ho sentito anche Matteo Salvini e l’ho risentito rimbalzare per tutto il giorno successivo in televisione e in rete.
“Chi mi parla dell’islam moderato lo prendo a calci in culo”, scrive, e “non è più il momento dell’ipocrisia, delle sfilate e dei minuti di silenzio, questa è una guerra, serve un intervento militare internazionale subito in Siria e in Libia”.
L’ha detto il migliore degli urlatori che conosce il tono più appropriato per rimbombare nelle pance degli italiani e farle risuonare più del cervello. Ma tanti altri hanno ripetuto lo stesso concetto.
E invece no.
Le bombe non serviranno a nulla. Inaspriranno la violenza, moltiplicheranno gli assassini…»

(Ascanio Celestini)

«L’ateismo è morto, la laicità è morta… […] Mi pare difficile negare, oggi, un potente ritorno del religioso. […] Una corrente di idee nata con la religione protestante, che ha conosciuto il suo apogeo nel secolo dell’Illuminismo, e che ha prodotto la rivoluzione francese, sta morendo. Tutto questo sarà una parentesi nella storia umana.»

(Michel Houellebecq, autore di “Le particelle elementari” e
“Sottomissione”, cit. intervista a “Nouvel Observateur” da “Huffington Post”)

 

«Quello che ci serve è una parola nuova per comprendere l’europeizzazione. L’Europa non è uno Stato, non è un’unità territoriale, una nazione o una condizione definitiva. Per questo serve una parola nuova: per definire una geometria variabile, interessi nazionali variabili, relazioni interne ed esterne variabili, confini variabili, una democrazia variabile, una concetto di stato variabile e un’identità variabile.»

(Ulrich Beck, sociologo, sull’Europa e sulla sua identità)

 

«Vorrei invitare tutti a non cascare nella bufala dei messaggi su Whatsapp. Il terrorismo è una minaccia molto seria ma l’isteria non domini le nostre vite.»

(Matteo Renzi)

 

«…Quel che è certo è che sono cambiate le modalità della guerra. C’è una guerra in corso e noi ci siamo dentro fino al collo, come quando io ero piccolo e vivevo le mie giornate sotto i bombardamenti che potevano arrivare da un momento all’altro a mia insaputa. Con questo tipo di terrorismo, la situazione è esattamente quella che abbiamo vissuto durante la guerra.
[…] C’è da chiedersi se ai fanatici che oggi metterebbero una bomba nelle navate della cattedrale di Notre Dame a Parigi sia stata data la possibilità di guardare veramente Notre Dame, di capire cosa rappresentava, o se invece siano stati costretti semplicemente a passargli davanti e a vederla come simbolo di una società che li confinava nelle bidonville…»

(Umberto Eco)

 

«Quello che sta accadendo a Parigi è un attacco non solo al popolo francese ma a tutta l’umanità e ai valori che condividiamo. I valori di libertè, egalitè e fraternitè non sono solo condivisi dal popolo francese, ma anche da noi.
Quelli che pensano di poter terrorizzare i francesi o i valori che condividono, sbagliano. Un attacco ignobile contro civili innocenti: faremo di tutto per portare questi terroristi davanti alla giustizia.»

(Barack Obama)

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«Attacco a Parigi: Bastardi islamici»

(Titolo di “Libero”, all’indomani della strage di Parigi)

 

Il direttore Antonio Belpietro, in risposta alla denuncia presentata dal giornalista Maso Notarianni, ha poi spiegato in un tweet che “bastardo vuol dire figlio illegittimo” e in un editoriale ha quindi aggiunto che “chi conosce la lingua italiana sa perfettamente che ‘bastardi’ è un sostantivo e ‘islamici’ un aggettivo” per cui “Libero non ha mai insinuato che tutti gli islamici sono terroristi.”

(Tesjak: libere dissociazioni)

 

«Il paradosso di cui parla Houellebecq (il controverso autore di “Sottomissione”) è che il mondo musulmano dal punto di vista sociale è più vicino alla destra estrema che vorrebbe respingerlo con tutte le forze. Non mi pare giusto che si dica genericamente “musulmani”, come non sarebbe stato corretto giudicare il Cristianesimo sulla base dei metodi utilizzati da Cesare Borgia. Ma certo lo si può dire dell’Isis, che è una nuova forma di nazismo, con i suoi metodi di sterminio e la sua volontà apocalittica di impadronirsi del mondo.»

(Umberto Eco)

 

«… Perché l’inaccettabilità delle tesi alla Fallaci o alla Houellebecq – così popolari in questi giorni bui – non sta nell’individuazione della ferocia del nemico, nell’odio che può suscitare (in una certa misura deve suscitare, anche se ammiro chi colpito direttamente dice il vostro odio non mi avrà) e nella mobilitazione che deve provocare (anche se le guerre più o meno auspicate dalla Fallaci le abbiamo combattute tutte, con risultati pessimi).
Quella che appare sbagliata è la profezia, variamente declinata, che prevede una nostra resa, per debolezza, per leggerezza, per disattenzione o per viltà, ai valori altrui, in particolare a quelli attribuiti all’islam. Rifuggo profezie e profeti, se non altro per incapacità, e dunque non so cosa accadrà nel vortice dei cambiamenti demografici, economici, geopolitici, mentali in corso da decenni.
Ma finora di questa temuta conversione occidentale non c’è traccia. Nei tre lustri (lunghi e insanguinati) trascorsi dall’attacco alle torri gemelle che provocò quella rabbia e quell’orgoglio, non c’è società occidentale che pare arretrare e concedere agli islamisti qualcosa sul piano dei valori, delle fedi, dei comportamenti. Anzi, la loro pressione e la loro violenza genera una nuova consapevolezza, preziosa anche nelle sue ambiguità (i rimbalzi identitari, strumentali e aggressivi, per cui nessun partito islamico vincerà le elezioni in Francia ma Le Pen forse sì)…. Se non fermeremo il terrore c’è poco da inorgoglirci per questo risultato. Ma per quanto limitata e forse provvisoria questa verità va detta. Le nostre parole chiave –pace, guerra, valori – suonerebbero meno sorde e banali, meno ricattatorie e violente.»

(Marino Sinibaldi, direttore di Radio3, su “L’internazionale”)

 

«Nessuna interpretazione monolitica, nessuna spiegazione meccanicistica può far luce sugli attentati. Ma possiamo forse rimanere in silenzio? Molte persone — e le comprendiamo — ritengono che davanti all’orrore di questi fatti, l’unico atto decente sia il raccoglimento. Eppure non possiamo tacere, quando altri parlano e agiscono in nostro nome: quando altri ci trascinano nella loro guerra. Dovremmo forse lasciarli fare, in nome dell’unità nazionale e dell’intimazione a pensare in sintonia con il governo?
Si dice che adesso siamo in guerra. E prima no? E in guerra perché? In nome dei diritti umani e della civiltà? La spirale in cui ci trascina lo Stato pompiere piromane è infernale. La Francia è continuamente in guerra. Esce da una guerra in Afghanistan, lorda di civili assassinati. I diritti delle donne continuano a essere negati, e i talebani guadagnano terreno ogni giorno di più. Esce da una guerra alla Libia che lascia il paese in rovine e saccheggiato, con migliaia di morti, e montagne di armi sul mercato, per rifornire ogni sorta di jihadisti. Esce da una guerra in Mali, e là i gruppi jihadisti di al Qaeda continuano ad avanzare e perpetrare massacri. A Bamako, la Francia protegge un regime corrotto fino al midollo, così come in Niger e in Gabon. E qualcuno pensa che gli oleodotti del Medioriente, l’uranio sfruttato in condizioni mostruose da Areva, gli interessi di Total e Bolloré non abbiano nulla a che vedere con questi interventi molto selettivi, che si lasciano dietro paesi distrutti? In Libia, in Centrafrica, in Mali, la Francia non ha varato alcun piano per aiutare le popolazioni a uscire dal caos. Eppure non basta somministrare lezioni di pretesa morale (occidentale). Quale speranza di futuro possono avere intere popolazioni condannate a vegetare in campi profughi o a sopravvivere nelle rovine?…»

Primi firmatari: Etienne Balibar, Ludivine Bantigny (storica), Emmanuel Barot (filosofo),
Jacques Bidet (filosofo), Déborah Cohen (storica), François Cusset (storico delle idee),
Laurence De Cock (storica), Christine Delphy (sociologa), Cédric Durand (economista),
Fanny Gallot (storica), Eric Hazan (editore), Sabina Issehnane (economista),
Razmig Keucheyan (sociologo), Marius Loris (storico e poeta), Marwan Mohammed
(sociologo), Olivier Neveux (storico dell’arte), Willy Pelletier (sociologo), Irene Pereira
(sociologa), Julien Théry-Astruc (storico), Rémy Toulouse (editore), Enzo Traverso (storico)
L’appello è stato pubblicato su “Il Manifesto” e condiviso, fra gli altri, da “Linking Calabria”

Vignetta satirica 

«… Chi ci ha inculcato, per tanti anni, l’idea che le frontiere sono un’assurdità antiquata, simbolo di un nazionalismo superato e nauseabondo? Si capisce subito che tali responsabilità sono state largamente condivise.
Quali leader politici hanno invischiato la Francia in operazioni assurde e costose, il cui principale risultato è stato quello di far sprofondare nel caos prima l’Iraq, poi la Libia? E quali governanti erano pronti, fino a poco tempo fa, a fare la stessa cosa in Siria ? (Dimenticavo, è vero che non siamo andati in Iraq, non la seconda volta. Ma c’è mancato poco, e pare scontato che Dominique de Villepin passerà alla storia solo per questo, che non è poco: aver impedito che la Francia per una volta, la sola e unica volta della sua storia recente, partecipasse a un intervento militare criminale – e per di più idiota.)
La conclusione inevitabile è purtroppo assai severa: i governi che si sono succeduti negli ultimi dieci anni (venti? trenta?) hanno fallito penosamente, sistematicamente, pesantemente nella loro missione fondamentale, cioè proteggere la popolazione francese affidata alla loro responsabilità.»

(Michel Houellebecq, “Corriere della Sera”)

 

«L’YPG è il braccio armato del partito curdo che governa il Rojava, la regione della Siria settentrionale dove abita la maggior parte dei curdi siriani. L’YPG ha forti legami ideologici con il PKK curdo e in passato diversi miliziani di quest’ultima organizzazione hanno combattuto in Siria. Attualmente l’YPG ha costruito uno “stato di fatto” che si estende in quasi tutta la Siria settentrionale. I principali nemici dell’YPG sono i ribelli siriani islamisti e in particolare l’ISIS che nel 2014 ha cercato senza successo di conquistare Kobane, una delle città più importanti nelle mani dell’YPG. I curdi siriani hanno sempre evitato di scontrarsi direttamente con l’esercito turco, anche se hanno spesso accusato la Turchia di fornire appoggio all’ISIS e ad altre fazioni islamiste in Siria.»

(Davide De Luca, giornalista)

 

Siamo tutti francesi. Siamo tutti europei. Siamo tutti occidentali. Infatti vendiamo tutti le armi a chi paga bene, a chi ci serve, a chi capita. E capita, infatti, che poi queste armi vengano usate contro “il sistema di valori dell’Occidente”.
È come in “Alla fiera dell’Est”.
Si odiano i comunisti / che attaccano i mujahiddin afghani / che sconfiggono l’Armata rossa e poi foraggiano la jihad / che s’appoggia agli ajatollah iraniani / che attaccano Saddam Hussein / che d’un tratto si ricorda di essere musulmano / e attacca il “Diavolo occidentale” / che l’aveva armato contro l’antico nemico / e tutti inneggiano alla “Primavera araba” / ma poi s’accorgono che dietro ci sono i jihadisti / che mozzano teste e mani / e impongono veli e confessione / che poi bisogna liquidarli finanziando i regimi laici / che ammettono la tortura / che scandalizza tanto le belle anime della Democrazia / che vende le armi a chi capita… / E alla fine viene la Turchia / che vuole entrare in Europa / ma è nemica di Putin / che avversa l’Ucraina / ma è amico della Siria / mentre i turchi (nel silenzio-assenso mondiale) massacrano i Curdi / che le suonano ai terroristi del Daesh (o Is) / che comanda i suoi falsi martiri a Parigi / che si scopre sono per lo più francesi e belgi…
“Maledetto” Branduardi…

(Tesjak: libere associazioni)

 

Vignetta 1 by Tomaso Marcolla
Vignetta 2 by Kaos 66
Vignetta 3, da “Charlie Hebdo”

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