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Una notizia che circola da alcuni giorni, diffusa anche da Il Fatto Quotidiano (lo leggi qui), riprende un articolo del The Guardian secondo cui, a detta di alcuni eminenti esperti di salute pubblica globale, questo virus avrà effetti peggiori di quelli sortiti dall’epidemia di Ebola nel 2014. Nell’era dei social network, basta una notizia del genere, mal circostanziata e poco contestualizzata, per scatenare psicosi d’ogni sorta, con annesse teorie complottiste. Basta analizzare brevemente le caratteristiche dello Zika per rendersi conto che, ancora una volta, il principale rischio che un lettore disattento può correre è quello di preoccuparsi inutilmente.

Bisogna sapere che quando l’Organizzazione Mondiale della Sanità lancia un allarme specifico per la diffusione di un virus si rivolge a tutto il pianeta, quindi, spesso e volentieri, il rischio è relativo ad un’area ristretta a pochi Paesi, di solito tra quelli più poveri nei quali la diffusione può essere facilitata a causa della carenza delle più elementari norme igieniche. L’Italia, così come le altre nazioni più sviluppate, hanno non solo controlli ben più efficaci, ma, come intuibile, condizioni di benessere e salute che già di per sé costituiscono una prima ed imprescindibile linea di difesa contro il contagio virale.

Scendendo più nel dettaglio, il virus Zika, chiamato così perché isolato nel 1947 in alcune scimmie della foresta appunto dello Zika, ha come unica via di contagio nota una specie di zanzara, la Aedes Aegypti che, come suggerisce la denominazione, ha il suo habitat naturale in Africa, o meglio nelle zone tropicali del globo, e che quindi avrebbe scarse possibilità di proliferare in Italia. Lo stesso fastidioso vettore è, invece, tristemente noto per la larga trasmissione di febbre gialla e dengue. Quest’ultimo virus contagia annualmente oltre 300 milioni di persone, causandone la morte di diverse migliaia. L’attenzione mediatica, come sempre, la fa da padrona e non accende i riflettori su questa ben più insidiosa infezione virale.
Pare, da una recentissima nota del Center for Disease Control and prevention (massimo organismo di controllo della sanità pubblica statunitense), che il virus si possa trasmettere anche per via sessuale, ipotesi tuttavia da valutare in quanto si riferisce ad un solo caso finora riportato. Resta però ancora in piedi il principale deterrente per la diffusione, vale a dire la mancanza della via aerea come veicolo di trasmissione, il che declassa il rischio di contagio al di sotto del ben noto H1N1, più comunemente noto come influenza aviaria, molto temuto qualche anno fa proprio per la sua facilità di diffusione, a dispetto invece di effetti non così letali (in Italia si registrò qualche tenue influenza…).

Ecco quindi un altro punto da comprendere: quali sono le conseguenze del contagio? In 4 casi su 5 è totalmente asintomatico, nel restante 20% si riporta febbre lieve, mal di testa, dolori muscolari ed articolari, congiuntivite e, in qualche caso, eruzioni cutanee. Il tutto con un decorso di non più di una settimana: niente di così diverso da una banale influenza stagionale. Il caso è stato però montato sulla, tuttora presunta, correlazione con lo sviluppo di microcefalia (malformazione fetale caratterizzata da ridotto sviluppo cerebrale a causa delle dimensioni più piccole della testa) nei neonati e l’infezione da Zika. Si tratta comunque soltanto di una evidenza epidemiologica tra numero di casi di microcefalia e numero di infetti in Brasile, dato che sono assenti studi scientifici sulla questione. Ben note, invece, sono le innumerevoli cause infettive della microcefalia, tra le quali toxoplasmosi, citomegalovirus, varicella e rosolia. Per inciso, è doveroso ricordare l’importanza di un’ottimale copertura vaccinale all’interno della popolazione proprio per quanto riguarda la rosolia, inclusa nella vaccinazione facoltativa insieme a morbillo e parotite nella formulazione MPR, al fine di evitare rischi più grossi in gravidanza come la citata malformazione fetale. Nei casi peggiori, lo Zika pare che possa provocare la morte del feto.

Storicamente, lo Zika ha avuto una prima diffusione nel Sud-Est asiatico, per estendersi, più di recente, nei Paesi dell’America Latina, soprattutto Brasile ed El Salvador. Nel corso degli anni, i casi di infezione del virus Zika sono stati nell’ordine dei milioni di infetti, senza però registrare decessi per cause direttamente riconducibili al virus. Nonostante l’incremento dei casi nelle ultime settimane, l’OMS non ha ancora proposto alcuna restrizione su commercio e viaggi internazionali in questi Paesi.

Alla luce di questi dati, risulta davvero incomprensibile un paragone così clamoroso con il virus Ebola. Questo, è bene ricordarlo, è trasmesso da animali infetti e passa da uomo a uomo tramite contatto diretto con fluidi biologici, come sangue o saliva, è sempre sintomatico, causa febbre emorragica che, tra il 30% ed il 70% delle volte, risulta essere mortale. L’ultima epidemia su scala transnazionale, con netta prevalenza in Africa Occidentale, ha fatto registrare circa 25.000 casi ed oltre 10.000 decessi.

Numeri che parlano da soli e che ci inducono a riflettere su come spesso l’attenzione selettiva propinataci dai mass media sulle tematiche della salute globale, con conseguenti spargimenti gratuiti di terrore, ci offre un quadro parziale e distorto rispetto al reale stato delle cose.

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