eco
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Appena venuto a sapere della morte di Umberto Eco, ho scritto un post sul mio profilo facebook in cui mi chiedevo se, finalmente, adesso avrebbero fatto leggere “Il nome della rosa” nelle scuole italiane. Un post che voleva essere sia una sincera dimostrazione di stima per quel romanzo del professore, un libro che ho amato molto diversamente da altri lavori di Eco che non mi hanno entusiasmato, sia una provocazione verso un sistema educativo che spesso mi lascia perplesso. Non riesco a capacitarmi, infatti, di come il programma che svolsi per il mio esame di maturità, anno 1994, sia sostanzialmente identico a quello su cui si preparano gli studenti a vent’anni e più di distanza. Possibile che niente di buono sia stato scritto in oltre vent’anni? Possibile che il romanzo fondamentale su cui formare i nostri futuri lettori sia ancora “I promessi sposi”?

Considerando anche che difficilmente si supera cronologicamente Ungaretti, morto nel 1970, sembrerebbe che da oltre quarant’anni l’Italia non produca nulla di così valido da inserire nei programmi scolastici. Eppure abbiamo avuto un premio Nobel come Dario Fo, un intellettuale e scrittore di livello straordinario come Pier Paolo Pasolini (a onor del vero, la mia insegnante del liceo ci fece studiare Pasolini, cosa che provocò lo stupore del presidente della commissione della maturità), un autore di grande successo di critica e vendite come, appunto, Umberto Eco.

Senza contare il totale disinteresse verso forme di scrittura storicamente sottovalutate, come i fumetti o i testi delle canzoni. Lo dico senza tema di smentita, buona parte dei testi delle canzoni di un De André o di un Battiato o di un Guccini valgono molto di più, a livello poetico, di tante poesie che i nostri ragazzi sono costretti a studiare. E la forza evocativa e espressiva dei fumetti di Hugo Pratt, di Moebius, di Bonvi, di Gipi, di Andrea Pazienza sono superiori a tante pagine scritte che continuiamo a somministrare agli studenti. Salvo, poi, lamentarsi perché i giovani non si appassionano alla lettura. “La canzone di Piero” o una striscia di Sturmptruppen, ad esempio, raccontano la guerra e la sua insensatezza tanto quanto pagine e pagine di libri di storia.

Amore è tutto ciò che si può ancora tradire”, scriveva e disegnava Andrea Pazienza. E provatemi a dire che non è pura poesia. Non ditemi che è inferiore a Ungaretti.

Vi lascio con un’altra citazione, in attesa di essere criticato dai professori di italiano, che è all’interno dell’albo numero 10 di Dylan Dog. È una poesia di Tiziano Sclavi, uno che in Francia o negli Usa sarebbe considerato un grande artista, in Italia è un “fumettaro”.
Chi è colui così gagliardo e forte che possa vivere senza poi morire? E da colei ch’è tutto, Madonna Morte, l’anima sua possa far fuggire? La Morte schifosa, la Morte lasciva! La Morte! La Morte! La Morte che arriva! La Morte, la Morte, dolcissima e amara, la Morte che avanza nella notte chiara. La Morte di pietra, la Morte di neve, la Morte che arriva con passo lieve. La Morte che dona, la Morte che prende, la Morte che ruba, la Morte che rende, la Morte che passa, la Morte che sta, la Morte che viene, la Morte che va. La Morte che arriva con il suo dolore, e avvolge ogni cosa con il suo fulgore. La Morte regina senza scettro e corona, La Morte! La Morte! La Morte in persona! La Morte! La Morte! La Morte furiosa, la Morte maligna, la Morte pietosa, la Morte sicura, la Morte carogna, la Morte che ha il muso di un topo di fogna. Verrà la Morte, e i tuoi occhi avrà e la bellezza tua, vanità di vanità… Verrà la Morte e porterà con sé tutto il tuo impero, tutto, insieme a te… Verrà la Morte e taglierà il legame così sottile e forte, così bello e infame… Verrà la Morte, sarà la tua coscienza, è stata tua compagna in tutta l’esistenza… Verrà la Morte, e a te che non sei niente porgerà la mano, in mezzo all’altra gente… …e tu sarai il primo, come vorrà la sorte, a danzare con lei la danza della Morte! La Morte ha danzato, la Morte tua sposa, la Morte maligna, la Morte pietosa”.
Buon ritorno nella vera Casa, professor Eco. E grazie di tutto.

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