foto nobel
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Ho preferito lasciar passare un po’ di tempo dall’assegnazione del premio Nobel a Bob Dylan prima di scriverne.
Gli articoli che ho letto nell’immediatezza dell’annuncio mi hanno frastornato e, lo ammetto, spesso infastidito. Grosso modo, gli autori si dividevano in due categorie: i contestatori e i favorevoli.
Tipicamente italico, come atteggiamento.
I contestatori si affannavano a chiedersi se i testi di Dylan avessero un loro valore intrinseco anche al di là dell’accompagnamento musicale, spesso con un sussiego da professore frustrato di un liceo. I favorevoli, d’altra parte, sembravano tutti mentori di Dylan, in un profluvio di “io me l’aspettavo” e “ne scrivevo già dieci anni fa”. Il tutto, condito da quella che io chiamo la “sindrome di Bob Dylan”. L’impossibilità, cioè, di parlare male del cantautore americano. Nessuno che scriva come Dylan sono anni che non produce una canzone memorabile, oppure che i suoi concerti sono spesso una delusione perché stravolge le canzoni più conosciute o non le canta del tutto. No, questo non lo si dice e men che meno lo si scrive.

bob dylan undici

Dylan non si tocca, punto e basta. È una sindrome che colpisce anche in altri campi: nel cinema, ad esempio, la troviamo in Miyazagi, autore di un paio di capolavori ma osannato qualsiasi cosa produca. Intendiamoci, Bob Dylan il Nobel lo merita tutto, considerato anche alcuni vincitori del passato, e arriva anche con qualche anno di ritardo rispetto ai suoi meriti, quindi non posso che esclamare: finalmente! Soprattutto se questo premio servirà a mettere in luce altre forme letterarie, troppo spesso snobbate o considerate di serie B rispetto alla poesia e alla letteratura convenzionale. Se otterrà, in pratica, l’effetto che non ebbe il Nobel a Dario Fo, rimasto un simpatico diversivo nella convenzionalità del premio.
Dato che non credo che questo succederà, mi diverto a segnalarvi gli autori che vorrei vincessero il Nobel, conscio che non lo riceveranno mai e nella, non tanto segreta, speranza di far arrabbiare qualche purista o fine letterato.

Stephen King, primo fra tutti, perché è tra i più grandi scrittori del ‘900 e chiunque abbia letto Mucchio d’ossa o L’ombra dello scorpione non può che convenirne. Sottovalutato dalla critica incapace di capire che l’horror è il mezzo, non il fine del suo messaggio.

cormac mccarthy

Cormac McCarthy, per cui basta citare La strada e Non è un paese per vecchi. Ha vinto il Pulitzer, ma il Nobel lo meriterebbe più di tanti altri (non voglio fare nomi, Alice Munro). Davvero, fatevi un regalo: leggete La strada e poi vedete il film che ne hanno tratto.
Alan Moore, il maestro del fumetto, l’autore di capolavori assoluti come The killing Joke, V per Vendetta, From Hell e soprattutto Watchmen che è un romanzo per immagini di una bellezza e profondità ineguagliabili. Se solo non ci fosse un insopportabile snobismo nei confronti dei comics, Moore si studierebbe nelle scuole.
Come si dovrebbe studiare anche Frank Miller, l’autore de Il ritorno del Cavaliere Oscuro e di Sin City, per dirne solo due. L’anima nera e reazionaria del fumetto mondiale, ma con una visione morale chiara e coerente. E uno stile invidiabile.
Aaron Benjamin Sorkin, autore teatrale e cinematografico innovativo come pochi. Codice d’onore (teatro e cinema), West Wing (serie televisiva), The social network e Steve Jobs (cinema) sono il fiore all’occhiello di un genio, non trovo altre parole per definirlo e la parola genio non la uso a cuor leggero.

cohen 99

Leonard Cohen, posso dirlo? Forse, il Nobel l’avrebbe meritato più lui di Dylan, se proprio non si possa darlo a tutti e due. Basterebbe una canzone a dimostrarlo, quella Hallelujah che ha avuto l’onore e la sfortuna di svariate cover, tante da far dimenticare l’incredibile valore artistico del brano. Anche se la cover di Jeff Buckley è pura poesia. E il suo album Songs of love and hate vale più di ogni raccolta di poesie che io abbia mai letto.
Lascio per ultimo un autore che spero arrivi a vincere il Nobel nei prossimi anni e, cioè, Philip Roth. Come non citare American pastoral, Ho sposato un comunista, La macchia umana, Indignazione. La sua capacità di sezionare l’America, di metterla a nudo, di indagarla nei suoi aspetti anche più oscuri non può lasciare indifferenti. Un autore imprescindibile.
E gli italiani? Be’, abbiamo avuto Dario Fo!

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