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 C’è un mondo di felicità che sappiamo di avere dentro di noi. Ma non c’è modo di conoscerlo se non si supera il limite della propria paura con la forza e la convinzione. C’è un metodo sicuro per riuscirci.

Shirley Valentine è un film inglese di alcuni anni fa che prende il titolo dal nome della protagonista, una casalinga delusa dalla vita che, superando le proprie paure, parte – senza dirlo al marito – per una vacanza di due settimane su un’isola greca, e proprio nel corso di questa vacanza ritrova se stessa.

In una delle scene cruciali del film, Shirley Valentine, seduta di fronte al mare, riflette sulla propria vita piena di limiti e di paure e si chiede che ne è stato della persona che era in tempo. «Ho permesso a me stessa di condurre una vita meschina, mentre dentro di me c’era molto di più» dice a se stessa. «Che senso ha vivere, se non usiamo pienamente la nostra vita? Che senso ha provare tante emozioni, nutrire tanti sogni e tante speranze, se poi non ci servono a niente?»

Proprio come Shirley Valentine, molti di noi hanno la sensazione di non riuscire a utilizzare pienamente la propria vita. Si rendono conto di stare sprecando le proprie potenzialità e di non essere ancora riusciti a realizzare le proprie speranze e i propri sogni.

Ma, grazie al potere di Nammyoho-renge-kyo, non conta ciò che è accaduto fino a ieri o addirittura fino a pochi istanti prima. La cosa veramente importante è quello che decidiamo di fare da questo momento in poi, quel che importa davvero è riniziare da ora. Come ha spiegato una volta Daisaku Ikeda: «Sul Gohonzon si trovano scritte le parole per il presente e per il futuro. (…) Quando noi veneriamo il Gohonzon, la vita eterna del tempo senza inizio sgorga da dentro di noi. Per chi crede nel Gohonzon, ogni giorno, ogni istante comincia dal tempo senza inizio. Noi stiamo sempre iniziando, pieni di speranza, da oggi verso il futuro, da questo istante verso l’eterna felicità».

Parole indubbiamente incoraggianti, ma quando si cerca di metterle in pratica è inevitabile scontrarsi con i propri limiti e le proprie tendenze negative. In particolare, quando ci troviamo davanti a una grossa difficoltà o quando decidiamo di affrontare un problema che non siamo mai riusciti a risolvere, è molto facile che emerga dalla nostra vita un’intensa e profonda paura. Piuttosto che scappare di fronte ad essa rinunciando alla nostra felicità, dovremmo cercare di capire, alla luce degli insegnamenti buddisti, come affrontarla. In una sua lezione sulle forze negative e sulla natura del male il presidente Ikeda cita un brano del Gosho Lettera a Ben-dono Ama che afferma: «Il Demone del sesto cielo, attaccando con i suoi dieci eserciti, combatte nel mare della sofferenza contro il devoto del Sutra del Loto per il dominio del mondo», e spiega che la paura è uno dei dieci eserciti. Essa non è dunque altro che una delle armi che il Demone del sesto cielo utilizza per cercare di fermarci nel nostro cammino verso la felicità e l’Illuminazione.

La paura comprende l’intera gamma delle esperienze umane. Si può avere paura di non essere abbastanza bravi, paura dell’amore, paura di sbagliare, paura di dire di no, paura del fallimento, paura del successo e via dicendo. In effetti si può avere paura di qualunque cosa. Inoltre la paura può manifestarsi con diverse intensità. Per alcune persone essa arriva ad essere totalmente paralizzante rendendo impossibile qualunque azione, mentre per altre si manifesta soltanto sotto forma di apprensione o di ansia. Ma anche in quest’ultimo caso si tratta pur sempre di paura.

Talvolta le paure sono di vitale importanza per la nostra vita, funzionando come antenne che ci avvertono di pericoli imminenti. Ma molto spesso servono invece solo a impedirci di progredire. Si tratta allora di paure originate dal nostro karma, cioè di reazioni abituali all’ambiente esterno che limitano la nostra vita. Queste paure sono latenti nella nostra ottava coscienza ed emergono soltanto di fronte a determinate circostanze. Il Buddismo chiarisce che esse fanno parte delle forze demoniache, innate nella vita, che costantemente cercano di impedirci di sviluppare la forza vitale necessaria per affrontare i nostri limiti e superarli.

Ma cosa dovremmo fare, allora, di fronte alla paura? È importante rendersi conto che la sua comparsa è un momento fondamentale nella nostra pratica, perché segnala che siamo sul punto di “sfondare” un muro che limita la nostra vita. La paura dovrebbe costituire dunque uno stimolo ad accelerare il nostro sviluppo e la nostra rivoluzione umana, ma quasi sempre invece è proprio quando essa appare che facciamo marcia indietro nel tentativo di evitarla. Infatti di fronte alle difficoltà è molto più facile cedere alla paura e indietreggiare piuttosto che affrontarle e superarle.

Dovremmo invece sfidare le nostre paure con la convinzione che, tramite la preghiera al Gohonzon, possiamo far emergere dalla nostra vita l’assoluto potere di risolvere qualunque problema e di sviluppare noi stessi. È fondamentale credere che il potere del Budda e il potere della Legge sono realmente materializzati nel Gohonzon. Ciò che conta è la nostra fede, la nostra convinzione che questi poteri esistano realmente. Ma se siamo codardi non potremo mai scoprirne il beneficio, che è molto più grande di qualunque aspettativa. Il Gosho La strategia del Sutra del Loto afferma: «Un codardo non potrà mai ottenere risposta a nessuna delle sue preghiere » e «solo la fede è realmente importante». Per noi avere coraggio significa essenzialmente affrontare i nostri problemi – di salute, di rapporti umani, di lavoro o di qualunque altro genere – recitando Daimoku al Gohonzon con la consapevolezza che la loro soluzione dipende solo da noi.

Molto spesso portiamo avanti una pratica debole e abitudinaria. Ci limitiamo a fare Gongyo mattina e sera e qualche attività, senza un reale impegno, credendo che questo sia sufficiente. Ma la nostra pratica deve essere invece dinamica e coraggiosa. Perciò dobbiamo andare direttamente al cuore del nostro problema e sfidarlo. Qualunque esso sia, non dobbiamo cedere al dubbio di non riuscire a risolverlo. Nessun karma è troppo grande per il Gohonzon, perciò non dobbiamo fermarci finché non abbiamo raggiunto la soluzione.

Il nostro sforzo non dev’essere orientato a cercare di capire razionalmente come risolvere il problema, bensì ad avere fiducia nel fatto che nelle nostre vite esiste il grande potere della Buddità e che, qualunque cosa accada, grazie ad esso riusciremo a superare ogni nostro limite.

Nel Gosho Lettera a Konichi-bo Nichiren Daishonin ci insegna come affrontare i problemi apparentemente irrisolvibili che si presentano nel corso della vita. Nelle sue parole vibra uno spirito indomabile, la sua decisione di non cedere mai fino a che non avesse ottenuto ciò che reputava necessario per kosen-rufu. Egli racconta di quando, esiliato a Sado, desiderava riottenere la libertà e tornare a Kamakura e tuttavia, come un normale essere umano, si sentiva talvolta depresso e scoraggiato. Ma nel profondo era assolutamente determinato a mostrare agli altri – e a se stesso – la prova della validità del suo insegnamento ottenendo il perdono e ritornando nella capitale. Il Daishonin descrive la situazione sottolineando che, a causa dei suoi ammonimenti contro le altre sette che avevano suscitato l’ira non solo dei governanti ma dell’intero popolo giapponese, era assolutamente impossibile per lui essere perdonato, e conclude affermando: «Quindi, anche se una roccia in fondo al mare, che può essere spostata solo da mille uomini, potesse affiorare da sola alla superficie, o se la pioggia che cade dal cielo non raggiungesse il suolo, io, Nichiren, non avrei potuto assolutamente tornare a Kamakura».

A dispetto di ciò, egli mantenne costantemente nel cuore il desiderio di ritornare a Kamakura e di poter visitare la tomba dei suoi genitori. Cercò dunque di farsi coraggio e di credere alla promessa del Sutra del Loto che ogni preghiera verrà esaudita: «Tuttavia mi diede coraggio pensare che se l’insegnamento del Sutra del Loto fosse stato vero e se gli dei del Sole e della Luna non mi avessero abbandonato, avrei potuto avere ancora la possibilità di tornare a Kamakura e anche di visitare la tomba dei miei genitori».

Con questo pensiero Nichiren riconfermò la propria fede nel Sutra del Loto. Malgrado gli ostacoli quasi insormontabili, decise di avere fiducia in esso con tutto il cuore.

Poi ricorda di avere ammonito gli dei del Sole e della Luna rammentando loro la promessa di proteggere coloro che praticano sinceramente e ordinando loro di manifestare «al più presto qualche segno al paese [dimostrando la correttezza dei miei insegnamenti], permettendomi così di tornare a casa». Possiamo interpretare questo ammonimento come un’ardente preghiera per ottenere ciò che desiderava.

Poco tempo dopo alcuni suoi discepoli imprigionati furono rilasciati, ma lui ancora non venne perdonato. Quando succede che qualcun altro ottiene il beneficio per il quale noi stessi stiamo recitando da tempo senza aver avuto alcuna risposta alle nostre preghiere, siamo portati a dubitare e a lamentarci, o addirittura a smettere di praticare. Ma Nichiren Daishonin non si lasciò scoraggiare, anzi, venne spronato a pregare persino più ardentemente. Afferma infatti: «… continuai a rimproverare gli dei celesti con veemenza ancora maggiore». Era giunto al momento cruciale, il momento in cui noi avremmo probabilmente ceduto. Nichiren però non cedette, non temette che il suo desiderio fosse irrealizzabile, che il Sutra del Loto non avesse il potere di esaudire la sua preghiera. Continuò a lottare finché la sua fiducia non divenne una certezza assoluta: «Mi convinsi che sarei stato rilasciato», dice infatti. Poco tempo dopo venne effettivamente perdonato e potè tornare a Kamakura.

Questo brano ci insegna quindi, in primo luogo, a non dubitare del potere del Gohonzon. Ognuno di noi ha probabilmente almeno un problema che non è ancora riuscito a superare tramite la pratica, e pensa perciò di avere l’unico problema che costituisce un’eccezione, che neanche Nammyoho-renge-kyo può risolvere. Ma i problemi che non riusciamo a risolvere ci portano facilmente a dubitare del potere del Gohonzon. Spesso abbiamo paura di sfidarli perché temiamo quello che può succedere, ma invece è necessario decidere di avere fiducia nel Gohonzon proprio riguardo ad essi ed affrontarli coraggiosamente.

In secondo luogo, questo brano ci spinge a contrastare la nostra tendenza a cedere se non otteniamo una risposta alle nostre preghiere. C’è sempre un momento in cui il nostro obiettivo ci sembra irrealizzabile. Recitiamo per un particolare problema e le cose non migliorano, o addirittura peggiorano. Allora ci arrendiamo. Ciò è esattamente quello che Nichiren Daishonin avrebbe potuto fare. Ma non lo fece.

Seguendo il suo esempio, dobbiamo mantenere la nostra determinazione e la nostra convinzione anche se sembra che davvero non stia cambiando nulla, e andare fino in fondo qualunque cosa accada finché non avremo la soluzione nelle nostre mani.

In conclusione, dovremmo chiarire a noi stessi qual è nella nostra vita il problema che riteniamo irrisolvibile e decidere di affrontarlo sfidando i nostri limiti, con la convinzione che la soluzione a qualunque problema è già nelle nostre case, perché la soluzione a qualunque problema è nel Gohonzon.

di Sue Thornton

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