foto 117
Condividi:

 Può essere superfluo ricordare come una delle principali caratteristiche del Buddismo sia il fatto che non esiste una divinità o un essere trascendente da emulare o tantomeno adorare. Esiste invece l’uomo, con i suoi pregi, difetti e contraddizioni. E lo scopo di questa religione è quello di migliorare l’uomo senza farlo diventare nessun altro, ma semplicemente se stesso.

Lo strumento di cui si serve è quello dell’invocazione della Legge dell’universo, e cioè di Nam-myohorenge-kyo materializzato nel Gohonzon. E questo è possibile in quanto la persona che invoca la Legge e il Gohonzon, che ne è la manifestazione concreta, sono addirittura la stessa cosa (in giapponese nimpo ikka). Il fatto di conoscere questo principio teorico, di sapere che esiste un’assoluta parità tra chi prega e l’oggetto di culto deve servire a comprendere che in questo Buddismo non si chiede di ottenere un qualcosa ma si decide di manifestare delle capacità latenti nell’essere umano.

Possiamo addirittura aggiungere che, poiché la Legge mistica si manifesta nell’uomo e solo così acquista significato, dovremmo considerare «l’io, ossia l’essere umano, il quale è l’entità della Legge mistica» come «la cosa più importante» e avere ben chiaro che «il valore inestimabile del Gohonzon deriva dal fatto che ci permette di manifestare la Legge mistica intrinseca nella nostra vita» (Daisaku Ikeda, Nuovo Rinascimento, luglio ‘92). E inoltre, in uno scritto del Daishonin, intitolato per l’appunto La Persona e la Legge , si legge: «poiché la Legge è suprema, la Persona è degna di rispetto» un’affermazione chiarissima che non lascia spazio a dubbi o problemi di interpretazione. Ciononostante, è naturale per ognuno di noi, una volta che si trova alla prese con le proprie faccende personali, gli stressanti impegni del quotidiano, o semplicemente l’umor grigio, dimenticare il fatto che attraverso l’invocazione di Nam-myoho-renge-kyo, seppur nella “misera” e transitoria condizione di comune mortale, si possa cambiare condizione vitale, e non solo.

Questo perché è molto difficile credere davvero che, essendo noi la Legge, siamo noi che abbiamo in mano il futuro. Più facile è, invece, ritenere il Gohonzon (quindi la Legge) perfetto, ma non la persona (perlomeno in potenza). E accade, così, di non rispettare la nostra vita, la nostra soggettività. Errore da evitare.

(M. V. NR n° 192 – 1998)

 1,358 Visite totali

Condividi: