david lynch
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Il 25 giugno 2017, verso le 2 o le 3 di notte (non lo ricordo bene, erano pur sempre le 2 o le 3 di notte), la mia idea di televisione, di cinema, di scrittura per immagini stava per cambiare per sempre. Era già successo, 26 anni prima. Non è un caso, ma solo la geometria perfetta pensata dal più grande visionario, vivente e non, dello spettacolo: David Lynch. A metà giugno del 1991, Lynch regalava al mondo un qualcosa che il mondo, forse, non meritava. Un finale perfetto, gelido, feroce e senza alcuna speranza della serie televisiva che aveva sconvolto il piccolo schermo, cioè Twin Peaks. L’eroe senza macchia e senza paura, Dale Cooper, veniva sconfitto, il Male cioè BOB trionfava, l’urlo di Laura Palmer riecheggiava nelle orecchie. E, soprattutto, la frase ripetuta per un minuto intero nella scena finale, “Come sta Annie?”.
Ce lo siamo chiesti per anni. Con la segreta speranza che quella frase pronunciata da Laura nella Red Room fosse una promessa, “Ci rivedremo tra venticinque anni, nel frattempo…”

Venticinque anni dopo, Lynch mantiene quella promessa, ma non come avremmo voluto. Niente risposte facili, nessun riscatto del buon Dale che sconfigge BOB, nessuna notizia su come stia Annie. Lynch vuole darci quello che meritiamo, non quello che vorremmo. Non voglio parlare, però, della serie televisiva. Per me è semplicemente perfetta, ma ognuno potrà dare la sua interpretazione, così come Lynch ha espressamente dichiarato.

Io voglio parlarvi del 25 giugno 2017 e di quello che è accaduto nell’episodio 8 della terza serie di Twin Peaks. In circa 50 minuti, Lynch ha definitivamente posto l’asticella della qualità televisiva lì dove solo lui può arrivare. Un inizio normale, con un regolamento di conti tra cattivi complici. Ma nulla è come sembra, a Twin Peaks. Dale/BOB sembra colpito a morte, ma si materializzano dei boscaioli demoniaci che praticano un macabro e osceno rituale sul corpo esanime, dalla ferita sembra fuoriuscire BOB che viene riportato nell’addome del moribondo. Il complice, intanto, terrorizzato, fugge. Il cattivo Dale si sveglia.

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E inizia il vero episodio. Lynch ci porta nel New Mexico del 1945, al momento del primo test nucleare statunitense. Ci fa immergere nell’esplosione, nel fungo atomico, nel fallout, nel calore insopportabile, nella morte creata dall’uomo. Da quella devastazione, nasce Mother (così indicata nei credit finali), un mostro umanoide che vomita sfere di puro Male, una delle quali è BOB. Nella Loggia Bianca dove risiede il Bene, il Gigante, che scopriremo chiamarsi Fireman, osserva la scena con preoccupazione. Dalla sua mente nasce una sfera d’oro dentro cui vediamo l’immagine di Laura Palmer. La sfera viene inviata sulla Terra, verso Twin Peaks. Salto temporale al 1956, da un uovo nasce una creatura metà rana e metà scarafaggio. Un ragazzo e una ragazza passeggiano corteggiandosi discretamente. Davanti a un negozio compaiono dei boscaioli sporchi in volto. Uno di essi si avvicina a una macchina di passaggio, chiedendo ossessivamente “Gotta light?”, hai da accendere? I boscaioli entrano in una radio locale, massacrano gli impiegati e recitano una cantilena: “Questa è l’acqua e questo è il pozzo. Bevete a fondo e calatevi. Il cavallo è il bianco degli occhi e lo scuro all’interno”. Chiunque la ascolti sviene, anche la ragazzina di poco prima. L’insetto-rana le si infila in bocca. Titoli di coda.

Mai in televisione si era visto nulla di simile, come mai si era visto nulla come Twin Peaks 25 anni fa. Lynch ama il suo pubblico tanto da non dargli quello che vuole, ma quello che è giusto. Una lenta e oscura analisi del Male e dell’incapacità del Bene di sconfiggerlo, nonostante non smetterà mai di contrastarlo. Si scoprirà mai chi era la ragazzina? Laura è stata creata per contrastare BOB? Mother è il vero Male? O è l’uomo con la sua distruttiva volontà di potere? Lynch non ci vuole dare risposte, solo far sorgere nuove domande. Non è quello che dovrebbe fare l’Arte, quella vera?
Per anni, ho cercato di capire cosa fosse la libertà creativa. L’episodio 8 della terza serie di Twin Peaks mi ha dato una risposta, perché mai mi era capitato di vedere un qualcosa di così libero e potente come questo frammento di bellezza assoluta.

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