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Perdinci, che notizia!

Nella mia terra d’adozione, la Calabria, partono le transumanze* culturali ed è già un clamor d’epinici. Cultura, lavoro, fili rossi e filiere blu, reti territoriali, identità. Valorizzazione e promozione umana. Le coste che si uniscono all’entroterra in un congresso carnale da film di John Holmes. Già un fremito di piacere corre dal Pollino a “chira Cusenza”, e dallo Jonio al Tirreno, lungo le alte serre e tra i calanchi, sulle coste, nei solchi scavati dalle fiumare, attraversando di rimbalzo i perigliosi gorghi delle sedi di partito, giù giù fin nelle stanze dove si puote ciò che si vuole… In effetti, si tratta di una grande novità che rivoluzionerà il sistema economico-culturale calabrese – gestione dei parchi compresa – lasciandolo tale e quale (vedi alla voce: Il Gattopardo), del resto in linea con le intenzioni e le direttive della politica di questa disgraziata regione…

Che una oligarchia regionale, territoriale e locale che non ha mai dato grandi prove di sé – sennò perché questa terra si troverebbe sotto a tutti, fatta la tara di panzane e panzanelle – voglia intervenire in maniera così inconsulta in una trama sociale gracile e anacronistica è, di per sé, il segno della situazione nella sua oggettiva gravità e del ginepraio di contraddizioni che la mantengono in uno stato di incoscienza senza fine; che se ne debba prendere atto a ridosso di elezioni politiche a dir poco epocali (seppure in peggio, vista la qualità complessiva dell’offerta), sembra una pruriginosa caduta nello stile politico ideal-tipico di Diccì e Berlusconi ma in definitiva potrebbe perfino tradursi in un grosso boomerang; che, infine, si scelga per un progetto del genere un titolo-etichetta tragicamente ironico (o addirittura, ma solo involontariamente, credo, suppliziale), in mezzo agli squilli di fanfare di una informazione benevola e a sindaci con le fasce tricolori (semper fideles, quando si tratta di sfilare dinnanzi a tv e smartphone), è l’icastico punto di non ritorno dalla ribalta al raziocinio, dall’arroganza all’umiltà, dall’impreparazione al rispetto dei ruoli, dei percorsi formativi e delle competenze.

Ormai tutto si decide dall’alto, si fa per dire, di ruoli, di ceto e di censo. Con la complicità di chi dovrebbe controllare il potere. Sei deputato o governatore? Allora capisci di tutto e di più! Sei sindaco? La cultura non ha segreti per te! Sei assessore o lobbista? Spezzi pane ed economia alla Harvard University, chiaro! La gente comune cosa ne può sapere, assuefatta com’è alla melassa e alla cicuta dei social, avvilita dai più sofisticati mezzi di distrazione di massa, dal calcio al Carnevale… di Sanremo? Manca solo che, un giorno qualunque, qualche solerte rappresentante del popolo estragga un bastone di maresciallo dallo zaino della sua ambizione e si metta a spiegare la transustanziazione a nostro Signore o a stabilire a quale vino e a quale pane si dovrà appiccicare un’etichetta d.o.p…

Per tutte queste ragioni, proprio per dare un senso all’insostenibile proliferazione di rane che vogliono assurgere a tori, mi dichiaro decisamente favorevole a un processo di rottamazione su base naturale, nel senso della estinzione biologica di – diciamo – almeno 4-5 generazioni di politici, lobbisti e trombonisauri locali. Concetto impermeabile alle rivoluzioni-tarocche del Renzi, ma che costituirebbe un’ottima ragione per sperare nelle nuovissime generazioni, per confidare che si facciano promotrici/autrici di una palingenesi della vita civile in queste lande defraudate dalla disumanità.

Quanto alle transumanze culturali annunciate con gli sfacciati toni della sintassi cadorniana di nuovo in auge (modello “Trump’n’trumpets” per intenderci), detto che un titolo altrettanto se non più efficace per un’idea del genere avrebbe potuto essere “frantumanze sud-ombelicali”, occorre aggiungere solo che per intanto sfilano le truppe cammellate – con la carovana degli immancabili ingegneri, i sindaci e gli onorevoli, gli assessori e le pro-loco, gli operatori culturali appena scongelati e i manager in sala d’attesa… -. La cultura un giorno verrà, come Godot nel teatro beckettiano…

D’altro canto di greggi, in Calabria, ce ne sono sempre state. Ed oggi continuano ad essercene, ruminanti sui prati del sacrificio e dell’indolenza. Trasportati di qua e di là, toglieranno spazi e risorse ai veri credenti e alimenteranno il solito carrozzone di clientele e di familismo amorale. In soldoni: la dipendenza di tutti dalla sola politica che il Meridione abbia saputo esprimere (altro che gli invasori piemontesi)…

Chissà perché in questa nostra società “civile” non è legale il suicidio assistito. La sua pratica, però, consentirebbe alle persone oneste un’uscita dignitosa da questi tempi, dai suoi borborigmi e dalle sue sofferenze.

Transumanzar e frantumar…

 

 

*Transumanza ovvero migrazione stagionale delle greggi dai pascoli di pianura a quelli di montagna e viceversa. (Vocabolario della Lingua italiana Devoto-Oli)

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