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Parlare di cinema nel XXI secolo, ai tempi delle tecnologie più invasive, performanti e pazzesche mai conosciute. Sembrerebbe un inutile gioco intellettualistico, un atto di puro snobismo, démodé, anacronostico. Sembrerebbe ma non è così. Perché invece se ne parla, e con grande seguito e profitto, presso giovani e meno giovani, in molte scuole e università italiane, attraverso la proposizione di specifici percorsi didattici tenuti da esperti del settore.
Questo, in fondo, è “L’occhio incantato. Didattica della visione cinematografica” il corso promosso dall’Università dell’Età Libera di Pesaro per allievi e appassionati di ogni età e curato dal regista Massimiliano De Simone (che è anche blogger della prima ora di Asteriscoduepuntozero): un ciclo di incontri sul linguaggio cinematografico, sui suoi codici espressivi e sulla pluralità di visioni possibili, ed esprimibili, in quelle meravigliose scatole di scatole che chiamiamo film.


Perché il cinema ritorna ad essere l’oggetto dell’interesse di tante persone, così diverse tra loro per età, background e percorsi di vita? Per De Simone, cineasta attento alla diversità e alla marginalità, conoscere e riconoscere gli elementi fondamentali del cinema «consente una fruizione più libera e più critica» delle immagini registrate e delle storie narrate, e quindi è, in buona sostanza, «una forma di libertà intesa come emancipazione da ciò che esiste solo in superficie, da quel che è mera apparenza». Questa libertà non è arbitrio e non è fine a se stessa, serve piuttosto a restituire a tutti – autori, registi, attori e spettatori – lo stupore delle emozioni e dei pensieri. Il che poi è semplicemente la materia prima del cinema.
Il corso curato da De Simone, richiesto in varie città italiane, si muove per gradi proponendo anzitutto il riconoscimento del cinema come arte che dispone di una sua propria grammatica, cioè un insieme di regole attraverso cui costruire un qualche messaggio. Si parte dal concetto di inquadratura e si analizzano i criteri descrittivi delle tecnica, le relazioni che si creano tra inquadrature e le modalità con cui si costruisce una loro successione.
Si ragione, quindi, sull’unità minima del linguaggio per arrivare al discorso più ampio relativo al montaggio, autentico respiro pulsante del film. Un percorso che si può definire “fenomenologico”, nel senso che si analizza il fenomeno così come esso si mostra alla nostra visione. Gli elementi oggettivi del film diventano così oggetto di una riflessione aperta sul perché il regista abbia scelto una soluzione anziché tutte le altre possibili. Si ragione, poi, su come un segno possa produrre senso, e su come, basandosi anche sulle acquisizioni della semiotica, il film (come, del resto, altre forme d’arte) sia un testo aperto, il cui senso si completa con l’apporto dello spettatore. Quanto più lo spettatore è fornito di strumenti, tanto più il suo intervento risulta produttivo. Anche per indagare in modo originale sul legame, misterioso ma essenziale e sorprendente, tra lo specifico punto di vista del narratore e quello dello spettatore. Un aspetto che richiama proprio all’occhio del titolo del corso, che è “incantato” proprio per la molteplicità di visioni e di prospettive evocate; solo ciò che possiamo definire arte è capace di tanto, poiché non manipola i nostri pensieri e le nostre emozioni ma agisce nel senso di farli emergere e, in un certo senso, di metterli a disposizione di tutti.


I riferimenti culturali del corso sono legati soprattutto al pensiero e alla critica francese e italiana: Andrè Bazin, Noel Burch, Alain Bergala e la Nouvelle Vague, e tra gli italiani Gianni Rondolino e Dario Tomasi.
Interessante appare, et pour cause, il riferimento alla Nouvelle Vague, che viveva sotto l’eco del realismo poetico, rifacendosi al cinema di qualità, come il noir americano. Di grande modernità è il fatto che la “nuova ondata” aveva un pubblico molto giovane, affascinato da temi come il rifiuto dell’autorità e l’impegno politico considerato sospetto.  Altro aspetto di rilievo, anche se come elemento dissonante se trasposto ai giorni nostri, è che il movimento, pur rifacendosi in parte al «cinema del passato, non aveva uno stile compatto, ma assomigliava più ad un’alleanza di autori differenti tra loro».
La Nouvelle Vague comincia con “I quattrocento colpi” di Truffaut e “Fino all’ultimo respiro” di Godard. Quel cinema nasce dal mondo delle favole riletto attraverso la consapevolezza del mondo moderno. Non a caso, Godard dirà che “dietro la realtà c’è la finzione, ma dietro la finzione c’è di nuovo la realtà”.
Una frase che in sé racchiude i valori basilari – umani, artistici e filosofici – del cinema di Massimiliano De Simone.

 

 

Ernesto Massimiliano De Simone (Castrovillari, 1969). Laureato in Scienze Politiche presso l’Università degli Studi di Bologna con una tesi su ““Il potere e la decisione politica. Un’analisi politico-filmica de ‘Il dottor Stranamore’ di Stanley Kubrick”.

Dal 2014 conduce i laboratori cinematografici con i rifugiati e richiedenti asilo del progetto  SPRAR e “Facciamo un film in carcere” presso la Casa Circondariale di Pesaro (con la realizzazione del cortometraggio: “Futili Motivi”). Dal 2011, conduce il laboratorio “Videomaking: crescita culturale” presso il Liceo scientifico E. Mattei di Castrovillari (con realizzazione dei cortometraggi “Le solite storie” e “Al momento giusto”Premio del pubblico alla XV edizione del sottodiciotto filmfestival 2012 di Torino).

Nel 2006 ha diretto il laboratorio audiovisivo “Uno sguardo sul festival”, durante il Festival “Primavera dei Teatri” di Castrovillari documentando le attività quotidiane della rassegna. Nel 2007-2008 ha curato un laboratorio audiovisivo presso il centro di aggregazione “Dirinvagò” di Trebbiantico (con la realizzazione dei cortometraggi “Zapping” e “Quattro ragazzi in viaggio” – Targa UNICEF sezione extrascuola alla 10° edizione del Sottodiciotto Filmfestival di Torino).

Nel 2002 ha condotto  il “Laboratorio audiovisivo per bambini in ospedale” presso la Scuola in Ospedale dell’Azienda Sanitaria “San Salvatore” di Pesaro realizzando il cortometraggio “Il libro magico” – Targa UNICEF al 5° VideoFestival città di Mestre. Nel 2010 e 2011 ha condotto lo stesso laboratorio, con la realizzazione dei cortometraggi “Awlaad nelle città” e “Sotto il sole quattro isole sole”.

È stato attore negli spettacoli “La strage degli innocenti” (2003), “I misteri dell’amore” (2004-2005), “Collage per Beckett” (2006) e “Tesoro nascosto” (2009-2010) di Valeria Vitali,  in “Only You” di Antonio Vigano (2008-2010).

Dal 2012 ha partecipato in qualità di redattore all’esperienza della rivista “Barricate”. Ha scritto contributi per:

  • “Exotica. Uno sguardo verso il passato”, con Maria Chiara Ballerini, in AA.VV., “Il movente di un’immagine. Conversazioni con Atom Egoyan”, Edizioni della Battaglia, Palermo, 2001.
  • “Una verifica a caldo”, in “Fuori Vista – semestrale di cinema e audiovisivi”, n.3-4, Mediarès, Milano, 2000.
  • “Intervista ad Alberto Grifi”, con A.Addonizio e E.Premuda, in “Fuori Vista – semestrale di cinema e audiovisivi”, n.3-4, Mediarès, Milano, 2000.
  • “Movimento e fissità: “Le onde del destino e Idioti” in AA.VV., “Il dogma della libertà. Conversazioni con Lars von Trier”, Edizioni della Battaglia, Palermo, 1999.
  • “Loro di Napoli”, con AA.VV., Edizioni della Battaglia, Palermo, 1997.
  • “Hana-Bi”, in “Fuori Vista – semestrale di cinema e audiovisivi”, n.1, Mediarès, Milano, 1998.
  • “Jeanne Dielman…”, in “Fuori Vista – semestrale di cinema e audiovisivi”, n.1, Mediarès, Milano, 1998.
  • “Duel a Morano Calabro” in “Cineclub” n. 32, Ottobre-Novembre-Dicembre 1996.
  • “Corto d’attrice”, in “Cineclub” n. 30, Aprile-Maggio-Giugno 1996.

 

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