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Articolo pubblicato da “la Repubblica” di giovedì 12 giugno 2019.

Ricercato in patria, indagato per quattro omicidi in Italia. Il suo avvocato è lo stesso di Licio Gelli…

FURNARI (MESSINA) – “Signor Malatto?”. “Sì, sono io, un attimo”, dice con garbo il settantenne che, a petto nudo, parla al telefono sul balcone della sua villa. Poi chiude la conversazione, si affaccia: “Ditemi, prego”. “Siamo giornalisti”. È un attimo: il volto si tramuta, il braccio destro è alzato. “Andate via”. Dieci secondi ed è già dietro le tapparelle. Carlos Luis Malatto è sparito di nuovo, almeno per ora. Ma la sua ultima residenza non è più un segreto: il tenente colonnello Malatto, gerarca del regime militare argentino, accusato nel suo Paese di sequestri, torture e sparizioni di avversari politici, ha trovato dimora nel buen retiro di Portorosa, provincia di Messina, fra le casette a schiera delimitate dai cespugli di pitosfori, dentro un complesso turistico a ridosso del mare e attraversato dai canali dove ormeggiano yacht di lusso. Colui che, per i superstiti dell’epoca dei desaparecidos, per i parenti e soprattutto per la magistratura argentina, che nel 2011 spiccò tre mandati di arresto nei suoi confronti, è stato un feroce aguzzino, oggi si gode la terza età con tutti gli agi. Riposo, lettura, mare, qualche puntata fuori porta a bordo della sia Mercedes Slk azzurra. Malatto medita di sposarsi con una donna argentina ed è andato in municipio, a Furnari, per chiedere come avviare le pratiche.


La dolce vita di un latitante di lusso, fuggito dieci anni fa dall’Argentina per evitare il carcere. Ma in Italia uomo libero, seppur invisibile.
Che storia, quella di Malatto, tenente di fanteria del reggimento di San Juan. Su quello che fu il suo ruolo, il tribunale federale della cittadina argentina non ha dubbi: l’ex tenente è stato parte attiva del golpe militare del 24 marzo 1976, «ha partecipato attivamente a diverse procedure di detenzione ed è uno dei più indicati dalle vittime per la partecipazione a interrogatori sotto tortura». Questo è scritto nella sentenza del 3 settembre 2013, piena zeppa di racconti di sequestri, incappucciamenti e sevizie (dalle finte fucilazioni alle scosse sui testicoli) avvenuti soprattutto nella provincia di San Juan: Malatto, in quella sentenza, è citato 283 volte. E 16 testimoni lo chiamano in causa, come autore di torture, nella sentenza della Corte d’appello di Mendoza, datata 16 febbraio 2011. Elementi già noti quando la nostra Corte di cassazione, il 17 luglio 2014, decise di respingere la richiesta di estradizione presentata in Italia, dove nel frattempo il tenente colonnello era fuggito per evitare la cattura in Argentina. Contraddicendo la Corte d’appello dell’Aquila che si era espressa in modo opposto e suscitando anche la sorpresa dell’ambasciata argentina in Italia. La Suprema corte, pur ammettendo che Malatto «ha fatto parte di un gruppo di lavoro dedito a torture e violenze», non ha ravvisato indizi sufficienti a carico dell’ex tenente. Anche perché la sentenza di Mendoza, misteriosamente, non è stata trasmessa dall’Argentina.


Da quel momento, mentre in Sudamerica i commilitoni di Malatto venivano processati e condannati, l’ex tenente – che da contumace non può essere giudicato nel suo Paese – ha vissuto da uomo libero in Italia. Per il sollievo suo e dell’avvocato Augusto Sinagra, già legale di Licio Gelli ed egli stesso iscritto alla P2, di recente candidato alle Politiche per Casa Pound. Solo l’onlus “24 marzo”, guidata da Jorge Ithubura, è riuscita a ottenere, nel 2015, il via libera all’allora Guardasigilli Andrea Orlando a un’azione giudiziaria in Italia. Si attende a breve la conclusione della procura di Roma a carico di Malatto, indagato per la partecipazione a quattro omicidi, fra i quali quello di Juan Carlos Campora, rettore dell’Università di San Juan, e quello dell’ex fotomodella francese Marie Anne Erize.
L’ufficiale intanto ha compiuto il suo giro d’Italia, trasferendosi da Genova a Calascibetta, provincia di Enna. Lì ha abitato fino al maggio 2018, non disdegnando incontri anche con esponenti politici della zona. Come l’ex senatore pd Vladimiro Crisafulli, che conferma di aver visto più volte Malatto, nella veste di accompagnatore proprio l’avvocato Sinagra, che fu docente nella “Kore” di Enna e difensore dello stesso Crisafulli in una causa contro il ministero dell’Università.


Malatto, da un anno, era nuovamente sparito dai radar: all’anagrafe di Calascibetta risultava un trasferimento a Furnari, provincia di Messina, ma – altro elemento di mistero – con un indirizzo sbagliato. Quello vero lo trovi solo andando a chiedere in una sede distaccata del piccolo Comune ai piedi dei Nebrodi.E porta dritto al blocco Sl del resort di Portorosa, dove Malatto si gode le sue vacanze. Malgrado una nuova richiesta di arresto presentata dai legali dell’associazione delle vittime della dittatura. E malgrado fonti del tribunale di San Juan confermino che per l’Argentina Malatto è un fugitivo (latitante) su cui pende una taglia da 100 mila pesos. Le stesse fonti annunciano che da Buenos Aires è partita già da diversi mesi una nuova richiesta di estradizione. Dov’è finita? Le certezze finiscono qui. E sfumano dietro una persiana chiusa.

Emanuele Lauria, inviato de “la Repubblica”

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