“Il potere svanisce nella feccia / laddove un verso costruisce i sogni / dei popoli e li sottrae alla bassezza,/ eternità di suono e di parol”. Così, nella poesia “Versi” il poeta tedesco Gottfried Benn (1886-1956) certifica la supremazia della parola poetica sull’azione politica, il ruolo predominante dei versi nel costruire “i sogni dei popoli” troppo spesso depauperati dalle scelte dei governanti, dal potere che prima o poi “svanisce nella feccia”, si tramuta nella parte più spregevole e corrotta della società.
“La poesia piomba da altezze sconosciute” ha scritto Vladimir Nabokov, e le parole “si fondono formando una silenziosa, intensa / trama mimetica del perfetto senso”. In un mondo la cui carne è ulcerata da troppe ferite, nell’asfittico deserto morale che inaridisce il cuore di tanti, in un presente costellato da troppi egoismi e troppe violenze, bisogna abbeverarsi di “parole alate”, ascendere sul monte Elicona sacro alle Muse, respirare a pieni polmoni l’aria della poesia che, come una placenta, nutre il sangue di bellezza e di saggezza, inocula il siero dell’assoluto nelle vene fragili di una società costellata da voragini di ingiustizie, di sopraffazioni, di egoismi e di effimero.
I versi disegnano traiettorie inaspettate al pensiero, sono fazzoletti di sole che scaldano i giorni grigi, l’antidoto più efficace contro i veleni del mondo. Non hanno patria, non hanno razza, non hanno colore, non hanno barriere. Hanno la purezza delle cose belle, la forza delle cose giuste.
La poesia è Arte laddove il potere è arbitrio: e come per ogni Arte ha la capacità di trasfigurare il suo significante fino a farlo diventare un riflesso, anche se minimo, del mistero del Cosmo.
“I versi sono come figli che crescono nelle viscere con rumori segreti” ha scritto il poeta greco Titos Patrikios.
Ecco, la chiave di volta di ogni componimento poetico è da ricercare in questa visceralità che rimanda ad una genesi interiore profonda dei versi, a un sedimentarsi di essi negli anfratti più profondi dell’essere, nei recessi dell’anima, sorgente e foce al tempo stesso della parola poetica, delle emozioni da essa veicolate.
Non ha il potere di cambiare il mondo, un verso, non ha palingenetiche virtù. Ma è un faro nelle brumose notti del vivere, un roveto che brucia e scalda nell’inverno della coscienza.
“La poesia non muta nulla. Nulla è sicuro, ma scrivi”. (Franco Fortini)
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Docente di Chimica, poeta e storico moranese. Autore di varie pubblicazioni a carattere letterario e storico, nonché dinamico collaboratore in numerosi eventi culturali, legati al suo borgo natio, al territorio, ad una visione umanistica del mondo e dell’esistenza. Letteratura e scrittura tracciano con decisione il solco della sua strada, percorsa con purezza, sensibilità e rispetto.