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In occasione dell’uscita al cinema del secondo film di It, tratto dal romanzo di Stephen King, vorrei proporre una riflessione sul rapporto tra pagina scritta e pagina filmata, cioè tra letteratura e cinema.
Un rapporto strettissimo da che esiste il cinema e che dalla fine dell’800 fa dire a masse di lettori “Eh, ma il libro è più bello!”. Parliamoci chiaro, è rarissimo che un film riesca a migliorare il prodotto letterario da cui deriva. Mi vengono in mente pochi esempi: Shining di Kubrick (da King), Forrest Gump di Zemekis (da Winston Groom), Angeli e demoni di Howard (da Dan Brown) e pochissimi altri. Sterminato, invece, l’elenco dei film che non hanno minimamente raggiunto il livello dei libri, citando a memoria: i vari Harry Potter diretti da Yates, Io sono leggenda con Will Smith, L’amore al tempo del colera da Marquez, il Dylan Dog americanizzato e qualsiasi altro vi possa venire in mente. Poi, ci sono i film che hanno restituito perfettamente l’atmosfera e la bellezza del romanzo di riferimento, come Il signore degli Anelli o Hunger Games. Dei film migliori dei libri e di quelli all’altezza parlerò in altri contributi, oggi mi voglio concentrare sui film che sono meno belli delle pagine scritte, cioè quelli che ci fanno dire “il libro è più bello!”.
Già, perché il libro è più bello?

Ci sono, a mio parere, due motivi fondamentali: la nostra immaginazione e la differenza di linguaggio. Inizio parlando di quest’ultimo aspetto. Il cinema non può essere “letteratura per immagini” perché ha una sua specificità di scrittura che è molto diversa dalla prosa. Spesso ci capita, leggendo un romanzo, di pensare che sia già pronto per lo schermo, ma, in realtà, non è così! Entra in gioco la nostra immaginazione, di cui parlerò a breve. Una pagina scritta non può e non deve equivalere a una pagina di copione. Utilizzo alcuni esempi per spiegare meglio. Partiamo dal film che ha dato il via alla mia riflessione, cioè It di Stephen King. Per chi non lo sapesse, è un romanzo horror di formazione e di dimensioni notevoli, sono oltre mille pagine. Non si possono condensare mille pagine in un film, infatti ne sono stati fatti due e precedentemente una miniserie televisiva, e non si possono usare tutte le sottotrame che King si è potuto permettere di inserire. Questo lo si sa e non ci si aspetta una trasposizione pedissequa, ma nonostante tutto molte cose che funzionano sulla pagina non possono funzionare sullo schermo. In breve, in It si inizia a sviscerare la mitologia portante dei romanzi di King per cui l’universo è stato creato da un’Entità che assume la forma di una Tartaruga che vomita l’Universo. Assieme a questa Entità, agisce anche un’altra che le si oppone e che vive nei Pozzi Neri e assume la forma di Pennywise (il pagliaccio) o altre per fare il Male nell’Universo. Resta qualcosa di questo nelle trasposizioni filmiche? No, perché già il pagliaccio è un personaggio ridicolo per definizione, figuriamoci se si mettesse in gioco anche una tartaruga che vomita e crea il Tutto! Sulla pagina funziona e funziona alla grande, ma sullo schermo avrebbe suscitato perplessità se non risate. Altra cosa, sempre da It. Nel romanzo, che vi consiglio di leggere perché è un capolavoro, ci sono sette ragazzini sugli 11 o 12 anni che vengono imprigionati da Pennywise in un antro sottoterra. Il pagliaccio viene sconfitto, ma i ragazzini sono bloccati lì da una nebbia impenetrabile. Allora, l’unica ragazzina, Beverly, ha l’idea che li salva: devono tutti avere un rapporto sessuale con lei! Vi immaginate questa scena sullo schermo? La versione del 2017 opta per un casto bacio e abbraccio collettivo, chissà come mai! E sullo schermo questo funziona, ma, per chi ha letto il libro, è un chiaro compromesso rispetto alla carica sovversiva e simbolica voluta da King.

Il secondo aspetto che ci fa preferire i libri ai film è la nostra immaginazione. Il nostro cervello non può fare a meno di immaginare fisicamente i personaggi e le situazioni che leggiamo nei romanzi. Ci aiuta a empatizzare, a orientarci, a leggere con più facilità le descrizioni. E, quindi, in un certo senso noi “vediamo” nella nostra mente il film del romanzo. Solo che lo facciamo noi, siamo noi i registi. Immaginiamo fisicamente i protagonisti (a me capita di pensare anche alla voce che potrebbero avere) e gli ambienti in cui agiscono. Per esempio, io Imladris ne Il Signore degli Anelli l’avevo immaginata completamente diversa da come Peter Jackson l’ha poi portata sullo schermo. A volte capita che il film diventi così iconico da sostituirsi all’immaginario del romanzo. Basti pensare a 007.

Quasi tutti sono convinti che il James Bond più credibile sia Sean Connery, invece Fleming descriveva l’agente segreto come un uomo con una vistosa cicatrice sulla guancia, capelli neri e occhi di ghiaccio. L’attore che più sembra somigliargli è Timothy Dalton, cioè probabilmente lo 007 meno amato in assoluto. In questo caso, il film ha sopraffatto i libri, ha modificato la nostra immaginazione. Provate a leggere un romanzo su Bond senza immaginarlo con le fattezze del vostro 007 preferito!
Il nostro film mentale sarà sempre, per noi, più interessante del film che vediamo sullo schermo, perché nasce da noi e dalle nostre esperienze. È per questo che un film deve superare due grandi ostacoli per essere considerato migliore del libro: la pagina scritta dall’autore e la pagina immaginata da ogni singolo spettatore. Quando mi capita di vedere un film tratto da un romanzo, cerco, per quanto possibile, di astrarmi dal ricordo del libro.
A volte, come per It del 2017, ci riesco e mi godo il film. Il più delle volte, purtroppo, no.

 

 

 

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