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Capita, e me ne scuso, di essere totalmente assorbiti dai propri impegni. E’ una fortuna amare il proprio lavoro ed esercitarsi in attività che costituiscono motivo di enorme soddisfazione. In questa settimana l’eco dei giornali è arrivata flebile alle mie orecchie, impegnate ad ascoltare parole che vengono da lontanissimo. Ciononostante, ho incrociato il lamento della mia comunità in una cronaca nazionale, che raccontava di una truffa organizzata. Si trattava di finti corsi da operatore socio sanitario. Un giovane raggirato, resosi conto dell’inutilità dell’impegno profuso, dopo aver sborsato 2.500 euro, sopraffatto dalla disperazione si è ucciso. Non è stato difficile a quel punto rimettere in asse il tempo, ritornare al corpo delle cose, al precario equilibrio di certe acrobazie a cui alcuni poveri cristi sono costretti ogni giorno. Stasera e domani sarò al Sybaris, assieme agli amici di Aprustum. Reciteremo Viviani. Nel settimo quadro, al Comandamento Non Rubare, vi è un passaggio, sottolineato da versi cadenzati, che merita un’annotazione. Due compari impegnati in un furto s’imbattono in un povero disgraziato, che reca con sé una pacco di pasta e una misera paga. Vorrebbero derubarlo, ma la preda è così misera e disperata che desistono dall’intento. Durante il dialogo uno dei due aspiranti ladri prova a spiegare il suo gesto: ‘A delinquenza ‘e n’ommo se sviluppa / quanno n’at’ommo nn’ ‘o rispetta ‘a zuppa. Ciò che a prima vista può apparire un modo vile di giustificare la propria condotta è, in verità, il supremo sforzo che fa il teatro, e in questo specifico caso il Maestro Viviani, di far comparire in scena la voce degli altri. Mettersi nei panni altrui non solo è un dovere civico, ma è l’unica strada di salvezza di una comunità. Vi aspettiamo a teatro.
Buona domenica.

Francesco Gallo

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