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… Uno studente italiano su quattro non raggiunge il livello base di competenze scientifiche. Per l’Ocse la scuola italiana è “iniqua, egualitaria solo sulla carta”, in un sistema – rincara l’Istat – gravemente segnato da una dispersione scolastica in crescita (Nord compreso): un giovane su quattro tra i 15 e i 29 anni, i cosiddetti Neet, non studia e non lavora (dati al 21,2% in Sardegna e 20,9% in Sicilia). Il 14% dei giovani tra i 18 e i 24 anni non è inserito in alcun percorso di istruzione o formazione. In Calabria, gli analfabeti sono il 7,2% della popolazione, il 2,1% in Italia, nazione a sua volta nelle retrovie della classifica europea per la percentuale di Pil destinata all’istruzione.
Un dolente rosario di brutti voti assegnati ad un Paese ignaro di sé e indifferente al proprio futuro, un triste cahier de l’oubli privo di riscontri e di echi nel normale dibattito politico nazionale sia passato che presente. Da tempo l’agenda politica italiana è dominata da questioni di dubbia rilevanza generale ma preminenti per gli interessi di botteghe e conventicole, di partiti e movimenti. Da tempo il ruolo della scuola pubblica costituisce un argomento tabù o, nel migliore dei casi, di nicchia, rimandato alle ore di minimo ascolto, per soli tardoni e sonnambuli. In compenso, non più tardi di questa lunga vigilia elettorale, caricata di significati ben al di là degli ambiti regionali, siamo stati portati sino allo sfinimento da raffinatezze tipo “chiuderò i porti”, “aprirò tunnel e sinapsi”, “diamogli i pieni poteri” (!!?), “mi dimetto”, “sciopero della fame”, “lui è fedele alla causa più di te”, “traditore!”, “boicottaggio”, “facciamolo tacere”, “io non c’ero e se c’ero dormivo”, “mangiatori di bambini” e via dicendo (basta consultare gli archivi)…
Oramai è chiaro che oggi in Italia è in atto un aspro scontro – una specie di guerra non (ancora) formalmente dichiarata ma reale, dagli esiti incerti e temibili – tra “acculturati-presuntuosi” e “ignoranti-ma felici di esserlo”, tra – quantomeno secondo la percezione che si vuole accreditare sulla scorta della peggior storia patria – presunte élites e il “popolo sovrano”, a cui per furbizia ed interessi presta fianco e rumorosa assistenza una gran fetta della classe politica, degli intellettuali e dei “professionisti” dell’informazione.
Non c’è quindi da stupirsi se una parte cospicua, e rumorosa, di questa Italia e del suo non popolo, non trovi di meglio che scagliarsi contro uno studioso schietto e onesto qual è Umberto Galimberti schernendolo per aver ricordato a tutti come solo da una corretta conoscenza dei fatti derivi un giudizio veramente consapevole e libero. Cioè responsabile. La vera essenza della democrazia, dopotutto, è proprio questa: la responsabilità. Mentre chiudere gli occhi genera fantasmi, i fantasmi fanno paura e la paura – parafrasando Beck* – crea le sue ossessioni…

(a.f.)

                                                                                                                

 

*Ulrich Beck (“La paura crea la propria realtà”), sociologo e scrittore tedesco, particolarmente impegnato negli studi sulle conseguenze della globalizzazione in termini di disuguaglianze sociali e sostenibilità ambientale.

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