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Chi mal comincia, è a metà dell’opera. Quando si dice la saggezza popolare cambiata di segno, come in aritmetica con i numeri relativi.
Non comincia proprio bene, sin dalle ore successive al voto in Emilia Romagna, il presidente Stefano Bonaccini, due volte vincitore del titolo regionale e di diritto nella nouvelle vague del Partito Democratico. Non comincia benissimo con la lunga intervista rilasciata a Concita De Gregorio di Repubblica in cui, tra le altre cose, afferma da un lato che «il Pd deve avere un’identità più marcata. Oggi non trovo tre parole che lo definiscano» e dall’altro che il partito «non può essere una roccaforte in difesa dei valori ma progetto espansivo della società».
Ora, cos’altro è, da cos’altro potrebbe nascere “un’identità marcata” se non dalla “difesa dei valori” ossia l’insieme di ciò da cui non si può prescindere per poter parlare di identità? Come capire dove andare e cosa diventare, se si rinuncia a percepirsi? Dove altro guardare per un progetto di società migliore se non verso i valori dell’egualitarismo, della giustizia sociale, della solidarietà, del lavoro? Davvero risolveranno ogni cosa le fatali competenze (che neppure a scuola garantiscono qualcosa di intellegibile e di socialmente utile…)? Che poi, per la verità, il Pd una gran parte di quei valori, cioè della sua identità, l’ha perduta rincorrendo il consenso del ceto medio (concetto sociologicamente entrato da tempo in grave crisi a causa dei profondi cambiamenti sociali sopravvenuti nel post industrialismo) e dilapidando il sostegno dei ceti meno abbienti ereditato da Pci e Dc, a furia di negarsi ai bisogni del popolo delle periferie, geografiche e metaforiche. Le asserzioni di Bonaccini, il quale davvero non perde tempo nel proporsi come nuovo possibile leader dei dem, scoprono ora l’acqua calda di un processo in stato oramai avanzato, anzi giunto quasi al punto più basso della sua parabola, nel senso della caduta verticale delle ragioni della politica nobilmente intesa.
Se perdi i valori che dovrebbero definirti e rappresentarti, cosa sei? E, stando al pensiero (spero frainteso, temo debole di suo…) del Bonaccini, se così succede come puoi essere “progetto espansivo della società”? Quella del presidente dell’Emilia Romagna più che di un leader sembra la parabola dell’allevatore che rovescia il secchio del latte appena munto. Pensiamo positivo, però chi mal comincia…

 (a.f.)

 

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