frecciarossa mille
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Riflessione semiseria (e provocatoria) sulla sinistra del terzo millennio e le sue idee

Tagliare la prima classe, per vivere felici in seconda.
La via per la felicità, vista dai colli diruti del progressismo italiano, sembra non passare più dalle grandi lotte, dagli eterni ideali, dalle conquiste di civiltà. Roba da Ottocento. Al più, da secondo dopoguerra. Oggi basta meno, molto meno. Ad esempio, se mai Enrico Rossi dovesse vincere le primarie del Pd, e poi magari le elezioni, è già chiaro cosa farebbe una volta a Palazzo Chigi.
Al presidente della Regione Toscana l’idea che vale un posto nell’Olimpo dei padri nobili della sinistra è venuta qualche giorno fa a bordo di un Frecciarossa. Un occhio al panorama uno al telefonino, le dita veloci sulla tastiera, sprofondato in una poltrona first class l’ideologo del socialismo ferroviario ha sfornato il suo manifesto dal titolo epocale: «Per una freccia davvero rossa».
Tesi: gli uomini son tutti uguali. Antitesi: troppi posti vuoti in prima. Sintesi: più spazio per i viaggiatori di seconda.
«Quello che indigna», ha digitato indignato Rossi il rosso sul suo tazebao facebook, «è il fatto che a fronte dell’affollamento in classe standard più della metà del treno sia quasi vuoto, riservato ad altre tre classi, premium, business e executive». Un’ingiustizia enorme.

bandiera antica

Ma se un tempo alle distorsioni sociali si sarebbe ovviato se non con la sconfitta del capitalismo almeno con la redistribuzione del reddito, ai giorni nostri l’unico rimedio è sì ancora quello della redistribuzione, ma dei posti a sedere. «Il mio treno socialista ridistribuirebbe i posti sui vagoni per fare stare tutti meglio», annuncia il teorico della sinistra binaria, sorvolando sui dettagli: quando nel 1956 fu decretata la soppressione dell’ultima classe su rotaia il conto lo pagò il popolo. La terza fu trasformata in seconda. Non cambiarono neppure i vagoni. E come riportano i quotidiani dell’epoca, «la tariffa di terza classe (ora seconda) è aumentata del 9%, quella della seconda (ora prima) del 16%».
Rivoluzioni epocali. Con fregatura incorporata. La storia della sinistra contemporanea ne è piena.
«In sanità basta con la libera professione, fonte di diseguaglianza e corruzione: chi lavora nel pubblico non deve aprire bottega in proprio», tuonava due mesi fa proprio Rossi da teorico della statalizzazione dei medici, prima di indossare i panni del macchinista del tren dell’avvenire. Per democratizzare la scuola, ritiene invece la deputata di centrosinistra Milena Santerini, niente di meglio che cancellare la bocciatura da cattiva condotta, come da progetto di legge depositato a gennaio.

ricostruire la sinistra

La pista dell’esproprio culturale è battuta da Sinistra Italiana, che mira ad abolire i diritti letterari delle opere lette in pubblico. Non manca neppure chi, rivoluzionario dentro, vorrebbe cassare la guerra. Da vero pacifista, senza imbracciare armi. Direttamente per decreto legge o con un emendamento alla Finanziaria. Così il guru del renzismo da tavola Oscar Farinetti, che alla Leopolda edizione 2015 ha assicurato di interpretare il pensiero del capo. Quel Matteo Renzi che in più d’un’occasione, a voler rimarcare il suo profilo di riformista spinto, s’è detto pronto ad abolire il contante.
Geniale: alcuni deputati di Sel avevano già chiesto in Parlamento il ritiro delle monete da 1 e 2 centesimi, perchè troppo costose da produrre: s’erano attirati gli strali delle associazioni dei consumatori, incavolate nere perchè oltre al caro-prezzi senza i centesimi adesso si potrebbe dover rinunciare anche al resto. Ma alla progressiva sparizione del contante non aveva ancora pensato nessuno. Tranne Pol Pot: quando nel maggio del 1975 i Khmer rossi entrarono a Phnom Penh, all’eliminazione fisica dei quadri del precedente regime seguì l’abolizione del denaro.
Brutale e sanguinario, certo, ma i treni erano socialisti ed in carrozza il viaggio era gratis. Pur se spesso di sola andata, senza ritorno.

Gianpaolo Iacobini

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