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“Ciò che avviene, non avviene tanto perché alcuni vogliono che avvenga, quanto perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia fare, lascia aggruppare i nodi che poi solo la spada potrà tagliare, lascia promulgare le leggi che poi solo la rivolta farà abrogare, lascia salire al potere gli uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare”. Così, come un profeta, scriveva Antonio Gramsci nel febbraio del 1917, bollando l’indifferenza come il peso morto della storia. Un’indifferenza che costò cara all’Europa di quegli anni, un’indifferenza colpevole, soffocata nel sangue dal nazifascismo.
Domani si tornerà alle urne: saremo nuovamente chiamati ad eleggere i rappresentanti italiani in seno al Parlamento Europeo. Per la nona volta, la nostra Europa, si vedrà impegnata in quella che è la più importante tornata elettorale democratica trans-nazionale. Voteranno anche gli Inglesi, nonostante la Brexit. Lunedì, a spoglio avvenuto, assisteremo all’immancabile ballo tondo di vincitori e vinti. Quanti voti nell’urna saranno attribuiti a Matteo Salvini e ai sovranisti europei? Il Movimento Cinquestelle sarà stato capace di fermare l’emorragia di consenso che sembrava profilarsi? Quanto avrà perso il Pd da quel 40,81% che segnò nel 2014 il trionfo dell’altro Matteo? Saranno queste le domande a cui appenderemo il filo dei nostri discorsi, trascurando, per l’ennesima volta, il prezzo dell’indifferenza. Se è vero che in democrazia valgono le sole schede votate di chi si reca al proprio seggio elettorale, è altrettanto vero che i piagnistei e le bestemmie degli indifferenti rappresentano un problema di ogni comunità. Già nelle elezioni del 1999 la percentuale dei votanti nelle lezioni europee si fermò sotto l’asticella del 50%. Da allora, l’emorragia non si è mai fermata: alle ultime elezioni hanno votato il 42,54% degli aventi diritto. La fatalità di questi numeri non è altro appunto che apparenza illusoria di questa indifferenza, di questo assenteismo che finirà per travolgerci. Lunedì, più vicini al baratro, sarà inutile parlare di fallimenti ideali, di programmi definitivamente crollati e di altre simili piacevolezze.
“Odio gli indifferenti anche per ciò che mi dà noia il loro piagnisteo di eterni innocenti. Domando conto ad ognuno di essi del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime”.
Che sia una buona domenica, ancor più buona per chi farà la propria parte.

Francesco Gallo

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