aiace suicide
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È indiscutibilmente affascinante il modo singolare, unico, potente che ha il teatro di riuscire a rivitalizzare drammaturgie nate e pensate per altre epoche, altri luoghi, altri pubblici. Non solo “altri” nel senso di “diversi”, diversi dai nostri, ma talvolta addirittura ulteriori, inconcepibili, impensabili.
Il fatto che una tragedia sofoclea possa – attraverso una produzione firmata da Stabilemobile, compagnia Antonio Latella – rivivere sul palco del Teatro Sybaris di Castrovillari a Primavera dei Teatri 2.500 anni dopo esser stata scritta conservando la pregnanza di significato e il pathos delle origini non è, a ben riflettere, cosa di poco conto. Perché ci pone, inevitabilmente, di fronte alla domanda: chi è Aiace, oggi? E cosa ha in comune con il valoroso re di Salamina, amico di Achille, Aiace Telamonio?
Ce lo spiega bene Abraham Kouadio Narcisse, attore ivoriano non professionista – come da migliore tradizione cinematografica neorealista – che nella sua babele di lingue esprime il sentimento universale di solitudine e nostalgia dell’uomo strappato al grembo della terra madre, dello straniero, dell’esule senza possibilità di redenzione, un sentire che oltrepassa le ere geologiche, i versi dei poeti (vedi Foscolo), e arriva fino alle sponde del Mar Mediterraneo toccate dai barconi carichi degli esuli d’oggi.

stabile mobile aiace

Chissà come dev’essere sapere di dover morire lontani dalla propria Africa, chissà se ce lo siamo mai chiesto. Aiace, accecato dai capricci di Atena, consapevole di non poter ricevere le armi di Achille che rivendica con ardore e che invece spetteranno ad Ulisse (Annibale Pavone sul palco), in un impeto d’ira e di follia decide di morire pur di non dover sopportare il peso della vergogna, dell’umiliazione. Meglio la morte se non si può ambire alla timé, l’onore su cui verteva la società greca dell’epoca. La volontà divina di contro al determinismo e al libero agire umano. Vane le suppliche della compagna Tecmessa, interpretata dall’attrice francese Estelle Franco, che continua a ripetergli di avere solo lui al mondo. L’amore è un filo rosso nell’arco dell’intera pièce, declinato in mille modi e in tutte le sue possibili sfaccettature ma la conclusione è la stessa per tutti: «Un atto d’amore è una follia». La follia di tuffarsi tutti insieme, Ulisse compreso, nel mare della compassione (intesa nel suo senso etimologico più puro, quello della “comunanza di dolore”), e dell’umana pietà.

Chiara Fazio

Stabilemobile in collaborazione con l’Asilo  – exasilofilangieri.it

Aiace (prima nazionale)

drammaturgia Linda Dalisi e Matteo Luoni

regia Linda Dalisi

con Abraham Kouadio Narcisse, Estelle Franco e Annibale Pavone

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