Condividi:

 

Ingredienti per 6 persone

Cipolle 600 gr

Pasta per pizza 500 gr

Acciughe sottolio qb

Capperi sottaceto qb

Olive nere denocciolate qb

Pomodorini maturi 10/12

Aglio qb

Sale qb

Pepe nero macinato qb

Olio d’oliva qb

Zucchero di canna qb (facoltativo)

Latte qb (facoltativo)

Foglie di basilico fresco (facoltativo)

 

Preparazione

Vi è mai capitato un invito dell’ultimo minuto, del tipo “ognuno porta qualcosa”? Bene, allora conoscete il leggero senso di vuoto che prende anche chi, come noi, è abituato a cucinare. Rapida incursione tra frigo e dispensa… cosa faccio, di gustoso e non troppo lungo da preparare? L’occhio mi cade su una confezione di pasta per pizza, che ho sempre in frigorifero per voglie serali improvvise, e la ricetta che vi propongo, una pissaladière rivisitata,  nasce quasi da sola.

Affettate le cipolle finemente, mettetele in padella con poco aglio tritato, olio d’oliva e poco sale, chiudete con un coperchio e fatele cuocere 15 minuti a fuoco medio. Controllate la cottura, devono essere morbide ma non sfatte, e il grado di dolcezza, se le gradite più dolci potete continuare la cottura per altri 5 minuti con un cucchiaino raso di zucchero di canna e mezza tazzina di latte.
Mentre le cipolle cuociono, stendete la pasta per pizza, con la sua carta forno, sulla leccarda del forno, tagliate a rondelle le olive, sciacquate velocemente i capperi, tagliate a metà i pomodorini e allineate su un piatto i filetti di acciuga sottolio. Per questi ingredienti non ci sono dosi precise, seguite il vostro gusto e l’armonia dei vari sapori. Appena le cipolle sono cotte, mettete nella padella i capperi e le olive, mescolate accuratamente e spegnete il fuoco, fate intiepidire, poi versate sulla base della pizza. Decorate la superficie con le acciughe e i pomodorini, spolverizzate con poco pepe nero macinato e mettete in forno a 200 gradi fino a cottura. Appena tolta dal forno decoratela a piacere con foglie di basilico fresco. Servite tiepido o a temperatura ambiente, anche direttamente sulla leccarda di cottura, come faccio io abitualmente.

 

Consigli

Questa preparazione si accompagna perfettamente a una birra bionda ben fredda. Le cipolle possono essere bianche, bionde o rosse, quelle di Tropea sono le più dolci. Potete variare questa rivisitazione mediterranea della pissaladière usando la pasta brisée al posto della pizza.

 

 

Curiosità

La pissaladière è una golosa focaccia farcita, nata ufficialmente nella città di Nizza, ma diffusa in tutto il Sud della Francia. È un piatto versatile, ottimo come spuntino, antipasto o apericena, caratterizzato com’è da sapori che richiamano da vicino anche la cucina italiana e mediterranea. Il nome deriva da “pissalat”, abbreviazione di pesce salato in lingua francese e si riferisce ad una crema a base di acciughe, la stessa con cui veniva condita la versione più antica della pissaladière.
La versione ligure, al contempo popolare e raffinata, di questa focaccia prende il nome di “piscialandrea” o “pizza d’Andrea”. Diffusa particolarmente nella provincia di Imperia, viene ancora oggi preparata con filetti d’acciughe sotto sale dissalati, olive ed aglio, arricchita da pomodori.

Nella cucina ligure ne esistono parecchie varianti: la più famosa è la “sardenaira”, tipica della città di Sanremo, caratterizzata dalla presenza delle sardine al posto delle tradizionali acciughe. Questa versione ha ottenuto il riconoscimento De.C.O.
Per restare alla Liguria, bisogna ricordare anche la “figassun” o “machetusa” di Apricale, la “pisciarà” di Bordighera e Vallecrosia, la “pisciarada” di Buggio, la “vojun” di Pigna, la “figassa” di Taggia e la “pisciadela” di Ventimiglia.
In realtà le sue origini si perdono nel tempo e nella storia. Secondo alcuni sarebbe stata preparata per la prima volta sul finire del Quattrocento e, come tradizione vuole, sarebbe stata chiamata “pizza d’Andrea” in onore del più celebre degli onegliesi, l’ammiraglio Andrea Doria, ai tempi protagonista assoluto della politica della Repubblica di Genova. A questa tesi se ne contrappone un’altra che fa derivare il nome alla cucina provenzale sostenendo che sarebbe stata introdotta in Francia dai cuochi romani al seguito del Papa durante la cosiddetta “cattività avignonese”.

 2,707 Visite totali

Condividi: